The Italian wolf (Apennine wolf)

Summary: The Apennine wolf (Canis lupus italicus) is the (unofficial) national animal of Italy, deeply embedded in its history and culture. This subspecies, once nearly extinct due to centuries of persecution (persecuzione), has made a remarkable comeback (rinascita), with a population now estimated at over 3,300 individuals. Its unique mitochondrial haplotype (aplotipo mitocondriale) and distinct cranial morphology (morfologia cranica) set it apart from other grey wolf populations, and it is a direct descendant of ancient Pleistocene wolves. The Apennine wolf is a resilient and highly mobile predator (predatore mobile), capable of expanding its range into new territories, including the Western Alps, France, and Switzerland. It plays a crucial ecological role (ruolo ecologico) by regulating wild ungulate (wild boars) populations while having a minimal impact on domestic livestock. Its social behavior is notably less aggressive than that of North American wolves, and it maintains a surprisingly collaborative relationship with other species like red foxes. The wolf’s recovery is a testament to Italy’s conservation efforts, supported by national laws and European projects that promote coexistence between humans and wildlife.

An acute observation touches on one of the most interesting and often misunderstood points about the wolf. Its “ferocity” is largely a cultural construct, fueled by centuries of folklore and fear. In reality, the Apennine wolf is an extremely elusive animal, and by nature, shy and timid towards humans. Here are some facts that debunk the myth of its ferocity:

  • They avoid humans: Contrary to popular belief, the Apennine wolf does not seek contact with humans. It is an opportunistic predator, but its primary instinct leads it to avoid confrontation. Its survival strategy is based on elusiveness, which is why it is so difficult to spot them, even though their population is growing.
  • The case of the wolf-dog: Often, attacks on livestock or alleged sightings of “bold” wolves are actually the work of wolf-dog hybrids or feral dogs. Hybrids, in particular, may exhibit less shy and more problematic behaviors compared to pure wolves, which are genetically predisposed to maintain a safe distance from humans. This represents one of the main challenges for wolf conservation in Italy.
  • The preferred diet: As mentioned in the lesson, the Apennine wolf’s diet is based almost exclusively on wild animals. Attacks on domestic livestock are very rare events and occur only under specific circumstances, such as a lack of natural prey or the absence of adequate protective measures (fences, guardian dogs like the Maremmano-Abruzzese, etc.).
  • Sociality: The wolf is a highly social and cooperative animal. It hunts in a pack to take down larger prey and takes care of its pups and the elderly. Its “ferocity” is directed solely toward hunting and defending its territory from other packs, but it has nothing to do with cruelty or indiscriminate aggression towards human beings.

These facts highlight the gap between popular perception and the scientific reality of the wolf. Far from being the fierce beast of fairy tales, the Apennine wolf is an intelligent, adaptable animal and, above all, a silent ally in the management of ecosystems.

ESEMPIO DI mini-SYLLABUS PER UNA LEZIONEin italiano

Lezione sul Lupo Appenninico (Canis lupus italicus)animale simbolo dell’Italia

  • Introduzione: Il lupo appenninico come simbolo nazionale non ufficiale dell’Italia e la sua unicità.
  • Identità e Tassonomia: Classificazione scientifica e caratteristiche morfologiche distintive.
  • Habitat e Comportamento: Aree di diffusione, abitudini sociali e mobilità.
  • Dieta e Ruolo Ecologico: L’importanza della sua dieta nella gestione delle popolazioni di ungulati selvatici e l’impatto minimo sul bestiame.
  • Storia e Persecuzione: Il lungo periodo di conflitto con l’uomo e la quasi estinzione.
  • Recupero e Conservazione: Le tappe fondamentali del ripopolamento e i progetti di protezione attuali.
  • Il Futuro del Lupo Appenninico: Sinergia tra uomo e lupo e le prospettive di coesistenza.

SLIDE 1. Introduzione: L’animale simbolo dell’Italia: Il lupo grigio appenninico (Apennine grey wolf), conosciuto scientificamente come Canis lupus italicus, è un’emblematica sottospecie (subspecies) del lupo grigio, profondamente radicata nella storia e nel paesaggio della penisola italiana (Italian peninsula). Anche se la sua designazione come animale nazionale (national animal) non è ufficiale (il lupo appenninico è effettivamente percepito da molti come il simbolo animale dell’Italia, e la sua profonda connessione con la storia romana lo rende un’icona potentissima. La differenza, come accennato nella lezione, risiede nel fatto che il lupo è un simbolo culturale e non ufficiale. Non esiste una legge o un decreto che lo riconosca formalmente come animale nazionale. Molti paesi hanno un animale simbolo “ufficiale” (come l’aquila di mare testabianca per gli Stati Uniti o l’orso polare per il Canada), ma l’Italia non ha mai istituito una figura del genere. I simboli ufficiali della Repubblica Italiana, stabiliti per legge, sono:

  • La Bandiera tricolore: il verde, il bianco e il rosso.
  • Lo Stemma della Repubblica: il famoso stemma che rappresenta l’Italia con la stella a cinque punte, la ruota dentata, i rami di quercia e di alloro.
  • L’Inno nazionale: Il Canto degli Italiani, più comunemente noto come Inno di Mameli.

Pertanto, sebbene il lupo appenninico sia universalmente riconosciuto per il suo valore storico e naturalistico, non ha mai ottenuto un riconoscimento formale come gli altri simboli nazionali, il suo ruolo nella mitologia, in particolare nella leggenda della fondazione di Roma, lo rende un simbolo indiscusso dell’Italia. Questo predatore, un tempo ridotto a poche centinaia di esemplari a causa di una persecuzione secolare (centuries-long persecution), è oggi il protagonista di una delle storie di successo più significative nella conservazione della fauna selvatica (wildlife conservation) in Europa. La sua resilienza (resilience) e la capacità di coesistere in un territorio densamente popolato (densely populated territory) sono la prova della sua straordinaria adattabilità. Questo lupo incarna non solo la natura selvaggia dell’Appennino, ma anche il nostro impegno collettivo per la biodiversità (biodiversity) e la tutela delle specie.

SLIDE 2. L’unicità del lupo italiano: A livello tassonomico (taxonomically), il lupo appenninico non è universalmente accettato come una sottospecie distinta dal lupo grigio eurasiatico (Eurasian grey wolf). Tuttavia, la ricerca scientifica ha rivelato che possiede un aplotipo (haplotype) mitocondriale unico (unique mitochondrial haplotype), non condiviso da altre popolazioni di lupi nel mondo. Questo aplotipo lo lega direttamente a popolazioni di lupi preistorici (prehistoric wolf populations) del Pleistocene superiore (Upper Pleistocene), rendendolo una delle ultime popolazioni attuali a mantenere questa antica linea genetica. Inoltre, studi morfologici sul cranio (cranial morphology studies) hanno dimostrato differenze significative rispetto al lupo grigio europeo, come la dentizione meno robusta (less robust dentition) e canini meno ricurvi. Queste scoperte rafforzano l’ipotesi della sua unicità e la necessità di una conservazione mirata (targeted conservation).

SLIDE 3. Morfologia e caratteristiche fisiche: Il lupo appenninico è una sottospecie di taglia media (medium-sized subspecies), generalmente più piccola del lupo grigio eurasiatico. Le sue dimensioni sono comparabili a quelle di un pastore tedesco, con una lunghezza media del corpo (average body length) che varia tra 109 e 148 cm e un’altezza al garrese (shoulder height) tra 49 e 73 cm. Il peso degli esemplari adulti segnalati sulle Alpi italiane si aggira tra i 28 e i 34 kg, anche se sono stati documentati esemplari più grandi. Il suo mantello invernale (winter coat) è prevalentemente grigiastro, con peli scuri sul dorso, mentre in estate diventa meno folto e assume un colore più marroncino-rossastro. Le sottili strisce scure sulle zampe anteriori (forelegs) sono un’ulteriore caratteristica distintiva.

SLIDE 4. Abitudini crepuscolari e notturne: La maggior parte delle popolazioni di lupi appenninici manifesta comportamenti crepuscolari (crepuscular) e notturni (nocturnal), un’abitudine che si è probabilmente evoluta come risposta adattativa (adaptive response) alle attività umane. Tendono a favorire le zone montane densamente boscose (densely forested mountain areas), lontane dall’interferenza dell’uomo. Tuttavia, nel Parco nazionale del Pollino, un’area scarsamente frequentata, i lupi sono stati osservati attivi anche di giorno, suggerendo che il loro ciclo di attività (activity cycle) sia strettamente legato al livello di disturbo antropico (anthropogenic disturbance). La loro capacità di adattarsi ai ritmi umani dimostra una notevole intelligenza e flessibilità comportamentale, permettendo loro di prosperare anche in prossimità di aree abitate (inhabited areas).

SLIDE 5. Comportamento sociale e struttura del branco: I branchi (packs) di lupi in Italia sono generalmente più piccoli rispetto a quelli del Nord America. Di solito sono composti da gruppi familiari (family groups) che vanno da 2 a 7 esemplari nelle regioni centrali e meridionali, e da 2 a 5 in quelle settentrionali. La dimensione del branco (pack size) è strettamente correlata alla disponibilità e alla dimensione delle prede. La mortalità a causa di conflitti con altri lupi è significativamente bassa in Italia se paragonata a quella del Nord America, dove l’alta densità di lupi intensifica la competizione per territori e risorse. Questa bassa incidenza di conflitti intraspecifici (intraspecific conflicts) suggerisce un comportamento “meno aggressivo” e “più orientato alla cooperazione” all’interno della loro comunità. Vedi SLIDE 6.

SLIDE 6. Un “collaborative and meek wolf”: L’appellativo di “lupo collaborativo e mite” trova un fondamento nel suo comportamento interspecifico (interspecific behavior). Mentre il lupo appenninico mostra una chiara ostilità verso lo sciacallo dorato (golden jackal), le sue interazioni con la volpe rossa (red fox) sono sorprendentemente pacifiche. Studi condotti in parchi nazionali come quello d’Abruzzo hanno dimostrato che le volpi non temono i lupi al punto da modificare i loro cicli di attività. Anzi, in aree dove coesistono, le volpi beneficiano direttamente della presenza del lupo, nutrendosi delle carcasse lasciate dalle loro prede più grandi. Questo rapporto simbiotico (symbiotic relationship) e la ridotta conflittualità con altri predatori indicano un ruolo ecologico complesso che va oltre la semplice predazione, mostrando un lato del lupo meno noto e più cooperativo.

SLIDE 7. L’incredibile mobilità del lupo: Tra i mammiferi selvatici europei (European wild mammals), il lupo appenninico si distingue per la sua eccezionale mobilità. È in grado di percorrere normalmente una cinquantina di chilometri per notte, ma gli esemplari in dispersione (dispersing individuals), alla ricerca di nuovi territori per stabilirsi, possono spostarsi per centinaia di chilometri. Questa straordinaria capacità di movimento ha permesso alla specie di ricolonizzare (recolonize) aree da cui era scomparsa per decenni. Un caso documentato di un lupo radiocollarato (radio-collared wolf) che ha percorso 1.927 chilometri dalla Svizzera all’Ungheria in soli sei mesi testimonia la sua incredibile forza e determinazione.

SLIDE 8. La dieta: pilastro dell’ecosistema: La dieta del lupo appenninico si basa prevalentemente su ungulati selvatici (wild ungulates) di grossa taglia come cinghiali (wild boars), caprioli (roe deer), cervi (deer) e camosci (chamois). La predazione si concentra in particolare su esemplari di peso intermedio, contribuendo così a mantenere le popolazioni di prede sane e in equilibrio. Contrariamente alla credenza popolare (popular belief), il consumo di bestiame domestico (domestic livestock) costituisce solo una componente marginale della sua dieta, e si verifica principalmente in aree dove mancano adeguate misure di protezione del bestiame (livestock protection measures), come recinzioni o cani da guardia (guard dogs). La sua presenza è quindi fondamentale per la regolazione naturale (natural regulation) degli ecosistemi.

SLIDE 9. Le sfide sanitarie e i parassiti: Come ogni animale selvatico, il lupo appenninico è esposto a diverse malattie e parassiti. Archivi storici riportano focolai di rabbia silvestre (sylvan rabies), che hanno contribuito a diffondere la paura verso questo predatore. Fortunatamente, l’Italia è considerata indenne dalla rabbia dal 2013, grazie a campagne di vaccinazione, principalmente sulle volpi. Studi recenti hanno inoltre rivelato la presenza di vari parassiti intestinali (intestinal parasites), correlati all’età e alla dieta del lupo, e di altre patologie come la parvovirosi canina (canine parvovirus) e la scabbia (mange). In alcune zone, il lupo è anche a rischio di contrarre la leishmaniosi animale (animal leishmaniasis), trasmessa dai cani randagi.

SLIDE 10. Storia di una persecuzione millenaria: La storia del lupo in Italia è un racconto di una secolare persecuzione che ne ha quasi causato l’estinzione. Durante l’epoca romana, il conflitto con i pastori era minimo, poiché l’agricoltura era limitata e vaste aree boschive fornivano abbondanti prede naturali. La situazione cambiò drasticamente a partire dal VII secolo, quando l’importanza economica della pastorizia (pastoralism) crebbe, portando a un aumento degli scontri e all’introduzione di taglie (bounties) per la caccia ai lupi. Nel XX secolo, leggi che classificavano il lupo come “nocivo” ne permisero l’eliminazione con metodi brutali come l’uso di bocconi avvelenati (poisoned baits) e trappole (traps).

SLIDE 11. La svolta degli anni ’70 e i censimenti: La popolazione di lupi raggiunse il suo punto più basso nei primi anni Settanta, ridotta a soli 80-100 esemplari sopravvissuti in zone isolate degli Appennini. La situazione critica spinse il WWF italiano a lanciare appelli per la protezione della specie. Nel 1973, i biologi Luigi Boitani ed Erik Zimen condussero i primi censimenti (surveys) per stimare la popolazione rimasta, un passo cruciale per la sua salvaguardia. Questi studi rivelarono una specie sull’orlo dell’estinzione (on the verge of extinction), minacciata da bracconaggio (poaching), carenza di prede e un aumento delle attività turistiche.

SLIDE 12. Il cammino verso la protezione e la crescita demografica: A seguito dei censimenti, il Ministero dell’agricoltura e delle foreste italiano proibì la caccia al lupo (wolf hunting) e l’uso di bocconi avvelenati nel 1976. La legge sulla caccia del 1992 lo classificò come “specie particolarmente protetta” (particularly protected species). Questo cambio di rotta ha permesso alla popolazione di lupi di espandersi nuovamente, da circa 220-240 individui nel 1983 a circa 400-500 nel 1998. Il lupo è tornato a popolare aree da cui era scomparso da quasi un secolo, come la Valle Stura e la Val di Susa in Piemonte.

SLIDE 13. Ricolonizzazione delle Alpi e l’espansione internazionale: La rinascita del lupo appenninico non si è limitata all’Italia. Dalle Alpi Marittime, dove un lupo fu avvistato per la prima volta nel 1990, la specie ha iniziato a ricolonizzare le Alpi occidentali. Le analisi genetiche (genetic analyses) hanno confermato che la popolazione di lupi che ha fatto ritorno in Francia e Svizzera dopo circa 70 anni di assenza proveniva proprio dagli Appennini. Questa espansione ha portato alla formazione del Wolf Alpine Group (WAG), un gruppo di ricercatori italiani, francesi e svizzeri, per monitorare congiuntamente la nuova popolazione alpina (new alpine population).

SLIDE 14. La situazione attuale: un successo di conservazione: Nel 2021, la prima indagine su scala nazionale (nationwide survey), coordinata dall’ISPRA, ha rivelato un successo straordinario: la popolazione di lupi in Italia ammonta a circa 3.307 individui. L’areale del lupo (wolf range) si estende su oltre 150.000 km², occupando stabilmente metà del paese continentale, dal Parco Nazionale del Gran Paradiso fino all’Aspromonte. L’Italia, con la sua popolazione in aumento, si stima che ospiti oggi il maggior numero di lupi in tutta l’Unione Europea.

SLIDE 15. Progetti di conservazione e coesistenza: Il successo della ricolonizzazione è sostenuto da vari progetti europei, in particolare i Progetti Life. Il “Progetto Life Wolfalps” si concentra sulla coesistenza tra lupi e allevatori, mitigando l’impatto sul bestiame e contrastando il bracconaggio. Il “Progetto Life M.I.R.C.O. lupo” affronta la minaccia dei cani vaganti (stray dogs) e randagi (feral dogs), che rappresentano una seria minaccia per la conservazione del lupo. Queste iniziative dimostrano un cambio di mentalità, passando da una gestione basata sullo sterminio a una che punta sulla coesistenza e sulla protezione, riconoscendo il lupo non come un nemico, ma come un’importante risorsa ecologica (ecological resource).

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In addition to its ecological importance, the Apennine wolf is deeply tied to Italian culture and folklore, with numerous anecdotes and legends that highlight its characterENGLISH: The Capitoline Wolf: The most famous and significant anecdote linking the wolf to Italy is undoubtedly the legend of Romulus and Remus. According to Roman tradition, the two brothers, sons of the god Mars and the vestal virgin Rhea Silvia, were abandoned in a basket in the Tiber River. A she-wolf (the “Capitoline Wolf”) found them and, moved by compassion, suckled and nursed them, saving them from certain death. Later, they were found and raised by a shepherd, and they went on to found the city of Rome. This myth transformed the wolf from a simple predator into a maternal and protective figure, a symbol of strength, resilience, and the very origin of Rome. – – – The Wolf of Gubbio: Another very popular anecdote is that of the “Wolf of Gubbio,” linked to the figure of Saint Francis of Assisi. According to the legend, a wolf was terrorizing the city of Gubbio, attacking both animals and people. Saint Francis, moved by compassion, decided to confront the beast. Instead of hunting or killing it, he spoke to it and invited it to make peace with the local people. The wolf, touched by the saint’s words, approached him docilely and placed its paw in Francis’s hand, promising never to do harm again. In return, the citizens promised to feed it. The anecdote of the Wolf of Gubbio is a powerful symbol of peaceful coexistence and overcoming fear, a theme that is more relevant than ever today for wolf conservation. – – – The Fear of the Wolf in Popular Traditions: Despite the more positive anecdotes, in popular culture, the wolf has often been seen as an antagonist. Fairy tales and folk stories depict it as a cunning and evil predator, as in the famous story of Little Red Riding Hood. This negative representation fueled fear and persecution for centuries, but it is precisely from this context that the importance of modern conservation work emerges, which seeks to overcome these prejudices and to make people aware of what the wolf truly is: a wild animal essential for ecological balance. – – – – – These anecdotes and legends demonstrate how the wolf has a dual nature in human perception: a symbol of salvation and motherhood, but also of threat and danger. – –

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